La Lega e la farsa dei Minibot (Seconda parte)

buonianulla

Abbiamo spiegato, nella prima parte di questo contributo, che l’introduzione di Minibot proposta dalla Lega non sortirebbe gli effetti esplicitamente millantati dai suoi promotori. Presentato come escamotage per sfuggire alle regole di finanza pubblica imposte da Bruxelles, l’eventuale pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione a mezzo di titoli di Stato di piccolo taglio porterebbe ad un aumento del debito pubblico. Per questa semplice ragione contabile solleverebbe quindi i medesimi problemi politici che qualsiasi manovra fiscale espansiva incontra all’interno degli stringenti vincoli europei. Se la Lega volesse davvero dare uno stimolo all’economia non si preoccuperebbe di ingegnarsi con queste trovate, ma piuttosto si impegnerebbe in vere politiche fiscali espansive in barba ai trattati europei.

Eppure, intorno ai Minibot sembra muoversi molto di più di un dibattito sui ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. In queste ore l’opposizione liberista al Governo prova a convincerci del fatto che quando parliamo di Minibot stiamo, in verità, parlando nientemeno che dell’uscita dell’Italia dall’euro! Quello che sembrava un noioso dibattito sulla contabilità dei debiti commerciali nasconderebbe dunque il ‘cigno nero’, la temutissima ipotesi di abbandono della moneta unica. Una tesi audace vuole che l’obiettivo del rilancio dell’economia tramite strumenti innovativi di compensazione dei crediti commerciali sia solo uno specchietto per le allodole, e che il vero obiettivo dei Minibot sia porre le basi per la diffusione di una moneta parallela all’euro come preludio all’uscita. Sarà vero? In quanto segue proveremo a rispondere a questa domanda sotto due punti di vista. Prima cercheremo di capire se effettivamente, cioè dal punto di vista tecnico, i Minibot creano le condizioni per l’uscita dall’euro. Poi, dopo aver chiarito che questa arma segreta dei leghisti sarebbe meno efficace di un’ampolla dell’acqua del sacro Po gettata contro i palazzi di Francoforte, ne indagheremo la dimensione politica, l’aspetto più interessante di tutta la questione.

Ma facciamo un passo indietro. La storia del Piano B, cioè dell’opportunità di predisporre le misure tecniche necessarie al disimpegno dall’euro nasce in tutt’altro contesto, sotto la furia della tempesta finanziaria che colpì la Grecia nel 2015, quando il popolo greco elesse una coalizione di sinistra radicale – Syriza – per fermare la rigida applicazione dell’austerità che stava letteralmente distruggendo il Paese. Poco prima delle elezioni politiche, i vertici di Syriza incaricano il loro economista di riferimento, Yanis Varoufakis, di preparare un piano emergenziale per meglio resistere alle pressioni che la Banca Centrale Europea (BCE) e i mercati avrebbero prevedibilmente esercitato sul nascente governo di sinistra. Come riporta il quotidiano greco Kathimerini, il leader Alexīs Tsipras avrebbe chiesto a Varoufakis “di predisporre un sistema di pagamento operante in euro, ma che avrebbe potuto essere modificato nel giro di una notte per operare in dracma”, la moneta greca in circolazione prima dell’euro. Il timore che muoveva Tsipras era ben fondato, ma per capirlo dobbiamo prima spiegare cosa sia un sistema di pagamento.

L’ordinario funzionamento della nostra economia richiede la continua, rapida e sicura circolazione di quantità gigantesche di denaro, e il denaro – come le persone o le automobili – ha bisogno di strade e infrastrutture per spostarsi agevolmente da un luogo ad un altro. La circolazione del denaro contante, monete e banconote, riveste oggi un ruolo marginale, mentre i maggiori flussi di denaro che scorrono nelle vene dell’economia sono costituiti dalla cosiddetta moneta elettronica: bancomat, carte di credito, bonifici, giroconti, home banking. Le loro strade e infrastrutture sono quindi reti informatiche complesse. Se alziamo lo sguardo dai nostri affari quotidiani e guardiamo a questi flussi dall’alto, ci rendiamo conto che il processo complessivo è mastodontico: centinaia di migliaia di bonifici e operazioni finanziarie si accumulano nei registri elettronici delle banche che, ogni giorno, si scambiano milioni di euro. L’infrastruttura tecnica che rende questa circolazione possibile e ordinata è il sistema di pagamento, una rete interbancaria che ha il suo cuore nell’autorità monetaria – la banca centrale. Il sistema di pagamento su cui poggia la nostra economia è oggi quello comune all’area dell’euro: il sistema Target 2 cogestito da Banca d’Italia, Bundesbank e Banque de France. Ogni singola banca si poggia a questa infrastruttura per tutte le transazioni con il resto del sistema finanziario che superano un certo importo, sotto la supervisione della Banca Centrale. Ogni giorno Target 2 regola in Europa 350.000 pagamenti corrispondenti a circa 1.700 miliardi di euro, ed ogni pagamento, in media, sposta poco meno di 5 milioni di euro in meno di 5 minuti. In Italia sono regolati 34.000 pagamenti al giorno, pari a 68 miliardi di euro che si spostano quotidianamente nel sistema finanziario nazionale per importi medi di 2 milioni di euro a transazione. Questi numeri possono aiutarci a chiarire l’elevata complessità del processo di circolazione della moneta in un’economia avanzata, una complessità che ha indotto alla prudenza la sinistra radicale greca nel momento in cui si affacciava alle stanze del potere. Come reagire se il sistema bancario e le autorità monetarie voltano le spalle ad un governo in carica, bloccando i meccanismi di creazione e trasferimento della liquidità che regolano ogni giorno l’economia? Questo l’interrogativo, pienamente legittimo, che sembra aver mosso Tsipras e compagni nella fase di ideazione di un Piano B.

Quando Tsipras e Varoufakis sono passati dalle parole ai fatti, la questione è rapidamente sfuggita di mano. È lo stesso Varoufakis a raccontare, sempre secondo il giornale greco Kathimerini, di aver avuto fin da subito le mani legate. Il progetto era talmente segreto da dover restare chiuso in una cerchia ristrettissima di persone. L’eccentrico economista greco decide perciò di coinvolgere un suo amico di infanzia con spiccate doti informatiche, oggi docente di Information Technologies alla Columbia University, per hackerare il sistema informatico dell’Agenzia Fiscale e ottenere il controllo della piattaforma. L’idea è di utilizzare quella semplice ma funzionale infrastruttura elettronica per trasferire il denaro tra i greci in caso di emergenza, come ammette chiaramente Varoufakis: “Immagina i primi momenti in cui le banche vengono chiuse, i Bancomat smettono di funzionare e c’è bisogno di un sistema parallelo di pagamento per tenere in piedi l’economia for a little while (cioè per un pochino di tempo), per dare alla gente la sensazione che lo Stato controlla la situazione e non ci sia panico. […] Questo avrebbe creato un sistema bancario parallelo mentre le banche sono chiuse a causa di un’aggressione della BCE finalizzata a soffocarci”. Quando Varoufakis diventa Ministro dell’Economia, il suo amico copia il software dell’Agenzia delle Entrate sul suo laptop per hackerarlo ed eventualmente far partire in caso di emergenza “il sistema bancario parallelo”. Come ci racconta Varoufakis, non nuovo ad avventure informatiche: “Eravamo pronti a ricevere il via libera dal Primo Ministro quando le banche sarebbero state chiuse in modo da irrompere nel Segretariato Generale delle Entrate Pubbliche …, collegare il laptop e far partire il sistema.” Un film, ma la situazione inizia ad assomigliare, più che all’epica della ‘La casa di carta’, a quella scena de ‘La banda degli onesti’ in cui Totò e Peppino sono impegnati a fabbricare casarecce banconote false che nessuno dei falsari avrà poi il coraggio di spendere. Nessuna persona ragionevole, infatti, può pensare di gestire artigianalmente una infrastruttura informatica complessa e pesante come un sistema di pagamento di una nazione. Neppure Varoufakis, che confessa: “Il progetto era più o meno completo: avevamo un Piano B, ma il problema era passare dalle cinque persone che l’avevano ideato alle mille necessarie ad implementarlo, questione per la quale avrei dovuto ricevere un’autorizzazione che non è mai arrivata”. Riavvolgiamo il nastro di questa storia per chiarire i termini della questione: al di là del tentativo rapidamente fallito, i vertici di Syriza avevano in mente una situazione di emergenza legata alla chiusura del sistema di pagamento da parte di un’autorità monetaria ostile, nella piena consapevolezza che questo Piano B sarebbe stato niente di più di una misura tampone, capace di reggere “for a little while”. Questo per dire che, nonostante la dimensione comica che la vicenda assume nel racconto dello stesso Varoufakis, il tema del Piano B aveva comunque una ragion d’essere tutt’altro che ridicola. Un governo senza sovranità monetaria può infatti essere ricattato dalla banca centrale, visto che quest’ultima tiene le redini del sistema di pagamento necessario all’ordinato funzionamento di un’economia sviluppata.

Ridicola è invece la trasposizione italiana di questa pellicola che ci viene offerta dall’economista della Lega, Claudio Borghi, con la teoria dei Minibot. Ignorando del tutto la natura del problema, cioè il fatto che qualsiasi ritorsione dell’autorità monetaria passerebbe immediatamente per l’architettura informatica del sistema di pagamento, i leghisti sembrano convinti di poter garantire l’ordinario funzionamento dell’economia, in caso di comportamenti ostili della BCE, attraverso la circolazione di biglietti cartacei con stampate le facce della Fallaci e di D’Annunzio: i Minibot, per l’appunto. Spiega Borghi in un video del 2017: “Nel momento stesso in cui decido di non adoperare più l’euro, o anche soltanto di entrare in una discussione dura per trovare le modalità di smantellamento, e costoro pensassero di attuare delle tattiche ‘alla greca’ per cercare di forzarci la mano e quindi chiudere le banche lasciando la gente senza contanti, senza bancomat: non potrebbe più succedere che la gente si trovi con la paura di non avere il contante perché altrimenti Francoforte non ti fa più vedere l’euro, perché avrebbe già i Minibot in normale circolazione, e quelli non potrebbero essere contingentati da nessuno. E quindi noi avremmo la possibilità di avere questa arma di prosecuzione tranquilla della circolazione del contante, senza dover sottostare agli ordini di qualcuno. Nel momento stesso in cui si decide di uscire, il Minibot diventerà già il contante della nuova moneta, e tutto sarebbe molto più semplice.” Gestire ogni giorno 34.000 pagamenti da 2 milioni di euro ciascuno per masse da 68 miliardi di euro con banconote cartacee non sembra la migliore delle idee. Borghi è convinto che il problema sia garantire la circolazione dei contanti: non sa, forse, che oggi il circolante rappresenta meno del 6% del PIL mentre l’aggregato monetario (in gergo tecnico, M2) che include anche i depositi bancari, i libretti postali e tante altre forme di moneta elettronica che per circolare ha bisogno di una rete interbancaria, supera il 90% del PIL. Inventare nuove banconote parallele all’euro può dare forse l’illusione ottica che si stia sfuggendo dalla morsa dei vincoli europei, ma non risolverebbe assolutamente il problema che si ponevano Tsipras e Varoufakis, e che Salvini e Borghi – molto probabilmente – non hanno mai seriamente preso in considerazione. Stendiamo dunque un velo pietoso sull’aspetto tecnico della questione – sulla effettiva praticabilità di un’uscita dall’euro indotta a partire dall’introduzione dei Minibot – e proviamo a concentrarci sul punto politico, che è forse il lato più interessante di tutta questa vicenda.

La strampalata tesi per cui i Minibot siano un primo passo fuori dall’euro, oggi agitata dall’opposizione liberista a questo governo, dal PD alle agenzie di rating, nasce in seno alla Lega, e viene candidamente illustrata da Borghi nel video già menzionato, dove i Minibot sono presentati come “un espediente per uscire in modo ordinato e tutelato” dall’euro. Il ragionamento di Borghi è il seguente: “Se uno si deve preparare all’uscita, non può pensare di prepararsi all’uscita fuori dalle regole. Devi prepararti dentro alle regole europee, e dopo salutare. Perché sennò altrimenti chiudi tutto e automaticamente fai le tue cose. Invece bisogna pensare a qualcosa che sia in regola e che possa funzionare prima, che mi renda più semplice l’uscita.” Il discorso non ha alcun senso logico, ma proprio per questo rivela chiaramente il senso politico dell’operazione Minibot architettata dalla Lega. Borghi sta dicendo che per uscire dall’euro, cioè prima di uscire dall’euro, devi introdurre una moneta parallela che, al momento giusto, diventa la valuta ufficiale del Paese in barba ai burocrati di Bruxelles. L’economista della Lega pone l’enfasi sulla necessità che questa moneta parallela sia accettata dall’Europa. Qui sta il non senso: se si riuscisse ad introdurre una moneta parallela “che sia in regola”, cioè accettata dall’Unione Europea, si avrebbe tutto il necessario per realizzare quelle politiche fiscali espansive che i vincoli fiscali e monetari imposti dall’Europa impediscono oggi anche solo di immaginare, e dunque non ci sarebbe più quell’immediato bisogno di uscire. Fosse possibile finanziare spesa sociale, sanità, istruzione, pensioni e perseguire la piena occupazione “dentro alle regole europee”, non vi sarebbe più l’urgente bisogno di rompere la gabbia, semplicemente perché quella è una gabbia nella misura in cui ti impedisce di usare la leva monetaria (ossia la possibilità di finanziare spese pubbliche stampando moneta) per creare nuova occupazione e tutelare i lavoratori già occupati. Un abisso separa i termini del discorso illustrati da Varoufakis dalla dimensione farsesca del progetto leghista: per i vertici di Syriza il problema era tenere botta davanti ad un’azione ostile dell’autorità monetaria, e non certo realizzare una sorta di ‘uscita dall’euro all’interno dell’euro’, come invece confessa senza vergogna Borghi. Il Piano B deve servire a gestire l’emergenza che si presenta al momento della rottura con la BCE e le altre istituzioni europee, ma non appena la rottura si sia consumata l’unica opzione possibile per gestire la circolazione monetaria di un Paese è prendere possesso del sistema di pagamento ufficiale, ovvero dell’infrastruttura gestita dalla banca centrale. Questo è il cuore del problema politico che la barzelletta dei Minibot ci aiuta a far emergere: il tema del potere.

Se una forza politica ha intenzione di incidere sulla realtà, e dunque si pone tra i suoi obiettivi il governo dell’economia, avrà bisogno di tutte le strutture di potere necessarie a gestire questa complessità, a partire dalla banca centrale. A modo suo, Varoufakis alludeva a questo quando parlava della necessità di passare dalle cinque persone che avevano sognato il romanzesco Piano B alle mille occorrenti a realizzarlo. Rompere con l’Europa significa riprendersi l’autorità monetaria e usarla per creare lavoro e difendere lo Stato sociale. Significa mettere le mani sulla Banca d’Italia, cioè pretendere che operi al servizio del governo e non agli ordini delle istituzioni europee. E Borghi in effetti è sincero: nel video dice chiaramente che lo stratagemma dei Minibot è un’alternativa alla rottura, cioè – per usare le sue parole – al “chiudi tutto e automaticamente fai le tue cose”. La favoletta dei Minibot è la plastica rappresentazione della mancanza di volontà politica da parte della Lega di mettere in pratica qualsiasi ipotesi di rottura con l’Europa, e della spasmodica ricerca da parte dell’aitante Salvini della massima compatibilità con le regole europee. Perciò, se proprio si deve dare l’impressione di star implementando qualche operazione di rottura, meglio utilizzare, fra tutti, l’espediente più innocuo.

La Lega di Governo si culla dunque in questo equivoco: non ha nessuna volontà di rottura con l’Europa dell’austerità, per la quale lavora alacremente da ormai un anno, ma continua a solleticare a fini strumentali e in maniera truffaldina il mito di una rottura a cui non ha mai creduto. Una mera suggestione buttata lì per alimentare l’idea che la Lega rappresenti un’alternativa al sistema di precarietà, povertà e disoccupazione che impone l’Europa, suggestione tanto più utile quando la Lega è impegnata in prima fila ad amministrare l’austerità per conto di Bruxelles, a suon di tagli alla spesa sociale e aumento delle tasse. Più l’opposizione sbraita contro un’ipotesi di uscita dall’euro che sarebbe implicita nel varo dei Minibot o in qualsiasi altra sparata dell’attuale governo, più si rafforza quel legame sentimentale tra la Lega e gli elettori, che a quel partito hanno affidato il loro senso di rivalsa contro l’Europa. Un senso di rivalsa pienamente legittimo, una sacrosanta rabbia sociale da cui deve ripartire qualsiasi credibile opzione politica di riscatto dei lavoratori.

 

12 pensieri su “La Lega e la farsa dei Minibot (Seconda parte)

  1. Buongiorno
    c’e qualcosa che non mi torna leggo e riporto :
    “Le principali misure adottate per alleviare il problema, e dunque per permettere al fornitore dello Stato di non soffrire troppo di questo ritardo nella riscossione, sono due. La prima è la ‘compensazione’, che consente ai fornitori di estinguere almeno parte dei loro crediti commerciali verso lo Stato per pagare le imposte, decurtando da quel credito la cifra che avrebbero dovuto versare all’erario. La seconda è la ‘cartolarizzazione’, che permette al fornitore di passare ad una banca il credito verso lo Stato: il fornitore può così liquidare il suo credito senza dover attendere i tempi della pubblica amministrazione, ma per farlo deve concedere alla banca un compenso, il che riduce per lui il valore di quel credito” Minibot parte prima.
    Quindi se compenso verso meno tasse allo stato, che dovra emettere titoli di stato corrispondenti al minor introito per finanziarsi, emettera’ 10 bot o 1000 minibot stesso valore c’e differenza ? Se cartolarizzo passo il credito alla banca e lo stato avra un debito verso la banca.
    Sempre di un debito si tratta. In tutte e due i casi sono operazioni elettroniche che non introducono moneta in circolo.
    “l’eventuale pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione a mezzo di titoli di Stato di piccolo taglio porterebbe ad un aumento del debito pubblico” Minibot parte seconda.
    Quindi e’ un debito in partenza (debito commerciale) e come puo’ aumentare ? l’ emissione di minibot credo corrisponda all’ importo del creditore non di piu. Il vantaggio e’ che metto in circolo valuta che sara’ accettata da tutti essendo garantita dallo stato e che potra circolare solo in italia, cosa che per adesso solo la BCE puo’ fare.
    Dove sta l’errore ?

  2. Parafrasando Giuliano Passalacqua, si possono far rientrare nel debito patrimoniale, seppure da questo nettamente distinte, le emissioni di minibot il cui provento viene registrato nel bilancio e nel conto generale del patrimonio dello Stato tra le passività consolidate, perpetue e irredimibili.

  3. Se è vero come è vero che le regole eurostat affermano che i debiti commerciali vengono classificati come debito pubblico solo nel momento in cui vengono ad essere ceduti ad un’istituzione finanziaria, nel caso dei mini bot a quale istituzione finanziaria verrebbero ceduti? Piuttosto verrebbero ceduti generalmente e impersonalmente ai debitori e dovrebbero essere ‘spendibil’ per pagare le imposte (anche se in merito mi è sembrato che non ci fosse chiarezza).
    Sarebbero cioè un titolo pagabile al portatore più che delle cessioni di crediti a istituzione finanziarie. E cioè sarebbe moneta più che debito, ma sarebbe moneta solo se avente ‘corso forzoso’, cosa che non ha al momento.
    La situazione secondo me è più confusa ancora.

  4. IN RIFERIMENTO AL COMMENTO DI BUBU

    Minibot parte prima – Con la compensazione lo Stato o la PA concede uno sconto al creditore, in termini di minori imposte da pagare, pari all’ammontare del debito commerciale. Per il bilancio pubblico, accanto alla minore entrata corrispondente allo sconto fiscale concesso, vi è anche una minore uscita, corrispondente alla minore spesa per debiti commerciali. Il saldo del bilancio pubblico, quindi, rimarrebbe invariato, e non sarebbe dunque necessaria, per lo Stato o la PA, un’emissione di titoli per ottenere la liquidità necessaria a finanziare la spesa. Questione cartolarizzazione: il debito commerciale dello Stato o della PA verso il settore privato viene contabilizzato come debito pubblico solo quando viene cartolarizzato, ossia quando il creditore privato cede il suo credito alla banca, che trattiene una parte del valore di quel credito a titolo di interessi, e liquida al creditore il valore del credito verso lo Stato o la PA, decurtato però dell’ammontare trattenuto dalla banca stessa. Sia per la compensazione che per la cartolarizzazione non vi è immissione di moneta aggiuntiva nel sistema.

    Minibot parte seconda – Come abbiamo tentato di chiarire nella prima parte dell’articolo, l’emissione di titoli (in questo caso i Minibot) da parte dello Stato verrebbe contabilizzata come debito pubblico. Avremmo quindi un aumento del debito pubblico nel senso che il debito commerciale dello Stato o la PA verso il settore privato, con l’emissione dei Minibot, si trasformerebbe automaticamente in nuovo debito pubblico che prima non esisteva, in quanto quel debito commerciale non era classificato come ‘debito pubblico’.

  5. IN RIFERIMENTO AL COMMENTO DI ANDREA COSTA

    I criteri Eurostat dicono in sostanza che se i ritardi nei pagamenti non vengono trasformati in un prestito, allora non rientrano nel debito pubblico di Maastricht. Nel caso di cessione pro soluto, il fornitore della PA – stanco di attendere che lo Stato liquidi il suo credito commerciale – si reca presso una banca per ottenere liquidità immediata in cambio del suo credito: in questo modo, il fornitore ottiene il denaro ed esce di scena, e si formalizza un vero e proprio prestito – scritto su un contratto – tra una banca privata e lo Stato. Non c’è più il ritardo, cioè lo sfasamento temporale tra competenza e cassa, dunque non c’è più il debito commerciale, ma c’è un prestito finanziario a tutti gli effetti: nuovo debito pubblico. Nel caso di emissione di Minibot, lo Stato paga l’arretrato con questo nuovo strumento che è, per l’appunto, un titolo di debito: è un contratto obbligazionario (come i BOT, i BTP, etc.) e dunque formalizza un prestito tra lo Stato e fornitore che era in attesa del pagamento. Non c’è più il ritardo, dunque non c’è più il debito commerciale, ma c’è un titolo del debito pubblico (il Minibot) che rappresenta, come nel caso precedente, nuovo debito pubblico. Insomma, nel caso di cessione pro soluto il nuovo debito pubblico ha la forma di un contratto di prestito tra lo Stato e una banca; nel caso di Minibot ha la forma di un contratto obbligazionario tra lo Stato e il detentore del titolo.

  6. Ma non capisco se è una sciocchezza, per quale motivo vi state agitando tanto?

  7. Carmelo, ma infatti non ci stiamo agitando affatto, almeno noi, per le ragioni che trovi nei nostri due pezzi sul tema. D’altra parte, è innegabile invece che una fetta molto ampia di commentatori e opinionisti sia stata presa da una frenesia insensata. Ma questo non ci stupisce. Per l’opposizione liberista a questo governo di pagliacci, l’unica carta disponibile consiste in tifare forza spread, sperando che i ‘mercati finanziari’ riescano a fare quello che essi stessi non possono e non vogliono. Si tratta sicuramente di una strategia suicida e in mala fede, come cerchiamo di argomentare in questo articolo.

  8. Diciamo che la Pubblica Amministrazione ha un debito verso i fornitori, debito commerciale, ma non risulta nella contabilita’ se non nel momento che viene onorato, e se per assurdo non viene mai pagato non figura quale debito. Interessante regola contabile.
    Non essendo possibile che la Pubblica Amministrazione non paghi mai i debiti, al massimo ritarda i pagamenti, la scelta come pagarli credo sia quello che interessa : emette titoli di stato che vengono acquistati anche da investitori esteri ai quali poi bisogna riconoscere interessi e sulla base delle loro decisioni di rimetterli sul mercato si hanno oscillazioni dello spread che negli anni passati ci hanno danneggiato, o il privato creditore se li fa scontare dalle banche rimettendoci e ingrassando le banche, e questi sono movimenti elettronici che sia nel primo caso che nel secondo non immettono liquidita’ sul mercato e quindi Zia Maria che ha il negozio non vede un soldo, oppure la Pubblica Amministrazione emette titoli di stato di piccolo taglio, che vengono riconosciti solo in Italia, cioe’ Amazon non li accetta per essere chiari, e paga il debito commerciale ai creditori; ricordate i Ticket Restaurant buoni pasto, non possiamo dire che erano moneta circolante, ma facevano quella funzione nel momento che venivano presentati alla cassa del supermercato; questi titoli di stato di piccolo taglio, che hanno validita’ in quanto accettati dallo stato quale pagamento di tasse, arriverebbero anche da Zia Maria e non mi si dica che non verranno accettati, gli accetteranno tutti visto che tutti pagano le tasse.
    Cosa scegliere mi sembra lampante.

  9. BUBU stai confondendo una serie di argomenti complessi, ciascuno dei quali meriterebbe un discorso a sé (il fatto che i Minibot non pagherebbero interessi, il fatto che non sarebbero redimibili, l’idea che circolerebbero solo in Italia e altri): in questo modo rendi la discussione difficile, se non impossibile, da seguire. Proviamo a isolare il fulcro del tuo confuso ragionamento: questi Minibot stimolerebbero in misura particolare la domanda interna rispetto ai normali titoli di Stato perché la loro circolazione sarebbe in limitata all’economia italiana. Nel tuo esempio, se lo Stato liquida i debiti commerciali in Minibot, questi vengono spesi presso Zia Maria (?), mentre se lo Stato paga in euro (gli euro raccolti tramite normali titoli di Stato), allora questi euro vengono spesi su Amazon senza arricchire il Paese.

    Sarebbe bellissimo, ma purtroppo non è così per varie ragioni, di cui discutiamo la principale. La quota di consumi assorbita dalle importazioni dipende fondamentalmente dalla struttura produttiva del Paese: importiamo quello che conviene importare in termini di prezzo e qualità, data la libertà di circolazione delle merci imposta dai Trattati europei. Se fossero introdotti i Minibot, questi andrebbero a coprire una percentuale minima delle transazioni, e quindi non modificherebbero di una virgola la composizione dei consumi: anche oggi spendiamo 5 euro al mese da tua zia, e inizieremmo a farlo usando i 5 euro di Minibot, destinando il resto del nostro reddito, composta da euro, agli acquisti su Amazon. Se poi pensi di “forzare” la composizione dei consumi lasciando inalterata la struttura produttiva, l’appartenenza dell’Italia all’UE, l’assenza di politica industriale, la libertà di movimento delle merci, e solo grazie ad una moneta “interna”, allora buona fortuna; noi, comunque, non ti seguiremmo, perché mantenendo inalterate tutte le altre variabili, al più faresti uno smacco ai padroni stranieri (Amazon) e un favore ai padroni italiani (Zia Maria..), a discapito dei lavoratori italiani.

  10. Analisi molto utile. Che può condurre a una conclusione diversa, però.

    I ‘mini-bot’ sono moneta, non fruttano un interesse e non sono redimibili. Il termine è menzognero. Ma se immettessero 40 miliardi di euro di ‘minibot’ avrebbero creato altrettanto ‘potere d’acquisto’. Sarebbe una misura espansiva, e molto forte. Che poi vada in inflazione, in caos monetario e finanziario o in crescita economica è un altro discorso.

    La storia monetaria insegna che questa ‘strana moneta’ ha tutti requisiti per diventare una seconda moneta.

    Sarebbe un tradimento del patto europeo che l’Italia ha sottoscritto – e per me tanto basta per ritenerla inammissibile. Credo anche che sarebbe un passo verso il ‘caos monetario e finanziario’. Credo che le argomentazioni di Borghi siano ‘insensate’, ‘illogiche’, nell’inutile tentativo di nascondere quanto radicale è la proposta dei ‘mini-bot’. Ma non si può dire che non sia una misura espansiva in linea di principio, che fa tornare agli anni quando il Tesoro poteva creare moneta. Un delirio sovranista nella quale è caduta anche gran parte della sinistra radicale italiana, comunque.

  11. Antonio Calafati, qualsiasi cosa può fungere da moneta se accettata volontariamente per liquidare un pagamento: una gallina, una confezione di cioccolatini, un Minibot, un’opera d’arte e così via. La differenza qui rilevante è quella fra qualsiasi possibile mezzo di pagamento su base volontaria e la moneta ‘a corso forzoso’, l’unica che non può essere rifiutata dal creditore, perché indicata dalla legge come mezzo di pagamento ufficiale. Il barista può rifiutare un cioccolatino come pagamento del caffè, ma non può rifiutare una moneta da un euro, perché così dice la legge. Bene, i Minibot NON sarebbero moneta legale, ossia non sarebbero moneta a corso forzoso: su questo non ci sono dubbi, e dunque da questo punto di vista nessuna rottura con le regole europee.

    Chiariamo poi che i Minibot certamente creerebbero potere d’acquisto addizionale: rappresenterebbero un’attività finanziaria emessa dallo Stato in favore di imprese e cittadini. Il punto che noi sottolineiamo è il seguente: creerebbero potere d’acquisto addizionale incontrando (come minimo) gli stessi ostacoli di una tradizionale manovra espansiva (ad esempio, emettere BTP e pagare gli arretrati alle imprese creditrici dello Stato con le risorse così raccolte), perché comportano l’aumento del debito pubblico e, dunque, sono soggetti ai medesimi vincoli che impediscono, oggi, qualsiasi espansione fiscale.

    Per questa ragione pensiamo che l’unica funzione svolta dalla proposta dei Minibot sia quella di fingere uno scontro con le istituzioni europee, uno scontro che i leghisti non hanno alcuna intenzione di muovere. La radicalità della proposta, insomma, è fumo negli occhi da parte di una forza politica che ha scelto la piena compatibilità con le istituzioni europee e i suoi vincoli.

  12. Certo, ma il fatto è che il ‘mini-bot’ sia una moneta che inizia la sua storia con il marchio di Stato – che la stampa, la emette e si impegna ad accettarla come moneta – la mette su un piano completamente diverso da altre forme di moneta. (Non credo che i cioccolatini e i polli siano moneta: come qualsiasi forma di materia-energia o informazione che abbia un valore d’uso possono essere utilizzati per realizzare uno scambio, ma non so se si possono definire moneta).
    Se emettessero ‘minibot’ nella quantità che dicono, circolerebbero due monete in Italia. E, comunque, emettere moneta o indebitarsi sul mercato nazionale e internazionale non ha gli stessi effetti sull’economia.
    Temo che la proposta della Lega abbia messo in un angolo la Sinistra radicale italiana. Per fare un esempio, ed altri se ne possono fare, il Sindaco di Napoli ha annunciato l’emissione di una moneta locale entro l’anno. E Napoli è una città con un milione di residenti, al centro di un’area metropolitana di tre o 4 milioni di abitanti. Non sarebbe propriamente una moneta locale – proposta, questa, che è spesso è venuta dalla Sinistra radicale, certo per piccoli sistemi locali periferici.
    L’unica critica che Sinistra radicale italiana può fare è che la Lega “non fa sul serio”. Affermare che la strada giusta è indebitarsi emettendo (veri) Bot, sfidando cosi l’Unione europea è un tema diverso. Peraltro, è quello che stanno già facendo.
    Una storia intricata.
    Grazie dell’ospitalità e buon lavoro.

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