Giovedì scorso il Governo ha partorito la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF), un importante documento che mette nero su bianco i paletti delle scelte dell’esecutivo in materia economica, scelte che saranno definite nel dettaglio solo a partire dalla predisposizione della Legge di Bilancio, tra qualche settimana.
Il dato fondamentale che viene ratificato da questa NADEF è l’entità della manovra fiscale, ovverosia il segno e la dimensione dell’intervento pubblico sull’economia italiana, che si caratterizza per un disavanzo di bilancio del 2,4%. Disavanzo significa eccedenza delle spese sulle entrate, quindi maggiore debito pubblico: a prima vista sembrerebbe una manovra espansiva, che alimenta la spesa complessiva per stimolare l’economia. Tuttavia, come sappiamo, non tutta la spesa pubblica stimola l’economia: la spesa per interessi sul debito, ad esempio, ha un impatto trascurabile sulla crescita perché finisce in gran parte nei profitti di banche e altre istituzioni finanziarie piuttosto che in consumi. Una volta depurata la spesa pubblica complessiva dalla spesa per interessi, la quale si aggira intorno al 3,8% del PIL, veniamo a scoprire che la manovra di questo governo – in perfetta continuità con un passato ormai lungo decenni – produrrà un avanzo primario (cioè al netto degli interessi) di circa 1,4 punti di PIL: il governo populista, esattamente come i governi tecnici, sottrae più risorse all’economia con le tasse di quante ne aggiunge con la spesa. Questo governo ha dunque scelto di proseguire lungo la strada dell’austerità che ci chiede l’Europa: la manovra ha indubbiamente segno recessivo, ovvero un impatto macroeconomico complessivo negativo.
Risulta completamente fuorviante, da questo punto di vista, il paragone con la Francia suggerito da Di Maio, che ha twittato: “La Francia per finanziare la sua manovra economica farà un deficit del 2,8%. Siamo un Paese sovrano esattamente come la Francia. I soldi ci sono e si possono finalmente spendere a favore dei cittadini. In Italia come in Francia.” Peccato che la Francia, a fronte di una spesa per interessi pari a circa l’1,8% del PIL, con un disavanzo complessivo del 2,8% realizzi un disavanzo primario di circa un punto percentuale: esattamente al contrario del governo italiano, dunque, quello francese aggiunge all’economia con la spesa più di quanto sottrae con le tasse. Un dato che la dice lunga sulle premesse del tweet circa la sovranità di Italia e Francia, sebbene sia evidente come il governo Macron utilizzi il maggiore spazio di manovra per aiutare le sue imprese e mai i suoi lavoratori.
Il dissenso con l’Europa, dunque, non è sul segno della politica fiscale, che si conferma in linea con la stagione dell’austerità, ma semplicemente sull’entità della stretta che il Governo deve dare all’economia e allo Stato Sociale: l’Europa sogna lacrime e sangue mentre un governo appena eletto prova ad abbassare i toni della macelleria sociale – senza mai metterne in discussione le premesse. Lo testimonia una bozza del documento redatto dal Governo già in circolazione: “il programma qui descritto condivide l’enfasi sulla riduzione del debito ma opta per un miglioramento del saldo strutturale più graduale sulla base della considerazione che un aggiustamento di 0,6 punti percentuali di PIL all’anno, unito all’effetto della chiusura dell’output gap, implicherebbe un’eccessiva stretta fiscale (quasi un punto di PIL nel 2019).” La stretta fiscale che ci chiede l’Europa sarà fatta: purché non sia eccessiva, implora il ‘governo del cambiamento’. Inoltre, tra le raccomandazioni troviamo che al Governo preme “assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superi lo 0,1% nel 2019, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6% del PIL”: si certifica la volontà politica di frenare la spesa pubblica, altro che manovra espansiva!
Una volta scelto di restare dentro ai vincoli europei, il Governo potrà finanziare le principali misure previste solo attraverso massicci tagli alla spesa. Non lo nasconde il Ministro Tria, che anticipa al Sole 24 Ore di domenica una “operazione veramente drastica di spending review”: meno sanità, meno istruzione, meno servizi pubblici, meno infrastrutture, come prospettavamo prima dell’estate. Per finanziare cosa? Un finto reddito di cittadinanza ed una flat tax che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Come confessa lo stesso Tria nella medesima intervista: “Sul piano fiscale tutti gli interventi che stiamo preparando sono a favore delle imprese e delle partite IVA. Purtroppo abbiamo dovuto rimandare, con rammarico, l’alleggerimento della pressione fiscale sui redditi personali”, cioè sul lavoro. L’unica misura che potrebbe favorire i redditi da lavoro è un eventuale superamento di quella sciagura della riforma Fornero: si moltiplicano però le ipotesi di “superamento” che prevedono varie penalità per chi anticipasse la pensione rispetto ai termini della Fornero, una vera e propria trappola per i futuri pensionati. E a proposito di trappole, Tria adombra la presenza di un nuovo tipo di clausole di salvaguardia che sarebbe presente nella manovra. Queste clausole sono meccanismi che scattano in automatico se il Governo non riesce a rispettare gli obiettivi messi nero su bianco nel DEF (Documento di Economia e Finanza) e sfora il deficit in esso prefissato. Negli ultimi anni, in questi casi si prevedeva un aumento dell’IVA, che doveva poi di anno in anno essere scongiurato nella manovra. Ora invece Tria promette, o forse minaccia, un salto di qualità. Se, per una qualsiasi ragione, il quadro finanziario complessivo si evolverà in maniera differente da quella messa in preventivo nel DEF e ci saranno meno entrate per lo Stato, scatterà una tagliola automatica sulla spesa. Come a dire: noi ci abbiamo provato, a far crescere il Paese. Se le cose non vanno bene, pazienza, tagliamo immediatamente le spese che abbiamo messo in campo. Si tratta di un vero e proprio salto di qualità nell’implementazione delle politiche di austerità: le clausole di salvaguardia erano disegnate in maniera talmente goffa da essere quasi inattuabili, perché nessun Governo ha mai avuto il coraggio di avallare un impopolare aumento dell’IVA; i tagli alla spesa, invece, sono molto più facili da far passare sebbene abbiano un impatto ancora più nefasto sulla crescita e sull’occupazione. Prepariamoci dunque ad ulteriori riduzioni della spesa sociale che saranno nascosti nel meccanismo automatico e impersonale delle clausole di salvaguardia
Dovrebbe apparire chiaro che questo governo fa la guerra all’Europa solo su twitter, mentre nei fatti si presenta come un solerte esecutore delle politiche di austerità che l’Europa ci impone. Una storia già tristemente e abbondantemente vista. Mentre l’opposizione parlamentare critica da destra l’operato del Governo, unendosi al coro dei grigi burocrati europei che vorrebbero ancora più austerità, noi dobbiamo porci il problema di come rispondere alla guerra al lavoro dichiarata con questa manovra finanziaria dall’ennesimo governo dell’austerità. Un buon inizio potrebbe essere sgomberare il campo da equivoci circa la natura di questa maggioranza giallo-verde: come i numeri della manovra finanziaria appena pubblicati ci rivelano, quelli che hanno festeggiato dal balcone di Palazzo Chigi giovedì sera sono un mero restyling della classe dirigente che l’Europa utilizza per distruggere lo Stato Sociale e schiacciare occupazione e salari; Di Maio e Salvini sono parte integrante della restaurazione neoliberista che, con il morso della crisi, intende riprendersi tutto quello che i lavoratori hanno conquistato dal dopoguerra agli anni Settanta. Contro questo Governo, dunque, bisogna tenere la guardia alta come e più di prima.
Sicuramente piu’ liberisti dell’attuale governo sono il PD e la sue stampelle di snistra cioe’ Leu e Rifondazione. Sarebbe il caso di incalzare questo governo su : cancellazione unilaterale del debito pubblico, abolizione del Job Act, riduzione drastica dell’orario di lavoro a parita’ di salario, reintroduzione della pensione di anzianita’ con 15 anni di servizio.
Ti invitiamo, riguardo, a scorrere il contenuto dell’ultimo post (5 ottobre 2018).
https://coniarerivolta.org/2018/10/05/il-nemico-del-mio-nemico-se-si-tratta-del-pd-rimane-mio-nemico/
andando un po’ più nel dettaglio: questo governo, che si trova benissimo con la teoria economica dominante e sguazza allegro nelle acque putride della compatibilità con i vincoli europei, a nostro modo di vedere è irredimibile e inincalzabile, come abbiamo provato ad argomentare in molti dei nostri pezzi.
detto questo, sul fatto che pd e compagnia cantante siano liberisti ed ugualmente nocivi, con noi sfondi una porta aperta, come puoi vedere dal nostro ultimo pezzo e più in generale dalla linea che teniamo dal nostro primo giorno
Salve, non essendo un economista mi scuso se il mio commento le potrá risultare ingenuo o stupido… quindi, se abbiamo una spesa per interessi del 3.8% sul PIL, se non ho capito male, una manovra espansionistica dovrebbe aggirarsi intorno al 4.5%-5% di deficit?
Secondo lei sarebbe stato possibile presentare un DEF con quei numeri? Se fosse stato presentato con quella ipotesi di deficit non pensa che saremmo diventati immediatamente il target per qualche manovra speculativa?
Secondo lei quale sarebbe potuta essere una strategia migliore?
Non ti devi scusare di nulla, siamo qui per discutere insieme. Hai capito bene: una manovra, per avere un effetto macroeconomico espansivo che sia significativo deve realizzare un disavanzo primario. Con una spesa per interessi intorno al 3,8% del PIL, ciò significa un disavanzo complessivo superiore al 4%. Maggiore è il disavanzo, maggiore sarà l’effetto espansivo.
Tutto è possibile se c’è la volontà politica di ribaltare i rapporti di forza che, soprattutto durante periodi di crisi come questo, stanno schiacciando la gran parte della popolazione sotto il ricatto della precarietà e della disoccupazione. Da quella volontà politica, oggi assente tanto nel governo quanto nell’opposizione parlamentare, deriva la possibilità di rompere la gabbia dell’Europa e recuperare sia gli strumenti fiscali necessari a stimolare l’economia sia gli strumenti monetari necessari a frenare la speculazione finanziaria. La stessa vulnerabilità agli attacchi speculativi, infatti, dipende dal grado di protezione che la banca centrale garantisce: la BCE ci lascia in balia dei mercati proprio per disciplinare Governi e lavoratori. Dal punto di vista economico, dunque, tutto è possibile se riusciamo ad accumulare forze intorno a quella volontà politica di rottura dello status quo.
In linea di principio sono d’accordissimo con lei: la BCE dovrebbe promuovere in tutti i modi ogni manovra espansiva tutelando gli stati da manovre speculative anche con rapporti deficit/pil del 4%-5%. Proprio ieri sera sentivo un giornalista dire che la FED ha promosso negli USA una manovra espansiva (già sotto la presidenza Obama) molto forte.
I mio dubbio rimane come attuare questa volontà politica nello scacchiere europeo attuale (forse con le elezioni del prossimo anno le cose potrebbero cambiare). L’altra via sarebbe quella di uscire dall’euro rischiando però un effetto inflazionistico sulla nostra moneta della quale però a quel punto potremmo avere il pieno controllo.
Lei quale strada crede sia più percorribile?
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